Il falso mito del vantaggio della programmazione a lungo termine

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chippz
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Re: Il falso mito del vantaggio della programmazione a lungo termine

Messaggio da chippz »

lucaliffo ha scritto: mar 12 mag 2020, 11:38 il 99% degli sport é fatto da gente da bravina a molto brava per la quale la sicurezza economica, oltre a essere necessaria come per tutti, aiuta a migliorare le prestazioni e, chissá, una certa percentuale diventare un craque.
Quindi l'allenatore deve tenere conto di questo?
Se sì, allora come si deve comportare? E' più "tosta" una tabella per un ragazzo di 16 anni, con obiettivo non solo i pb ma pure di avvicinarsi sempre più nei vari giri; oppure una tabella di un ragazzo di 22 anni, più grande ma forse ormai lontano dal poter entrare in certi giri?

Cioè, mettiamo un 16enne e un 22enne hanno 1':55" sugli 800m. Stesso tempo per allenarsi.
Quale dei due avrà una tabella più "tosta" (sia in senso di qualità che quantità)?
-Il 16 enne, che lo si prova a spingere un po oltre il "normale" sperando che in quei 1/2 anni prima dello scatto a juniores faccia un ulteriore salto di qualità
-il 22enne perché con un fisico più maturo sebbene probabilmente con meno prospettive di ulteriori salti di livello?
Cambia il discorso anche in base agli anni passati? Oppure, contrariamente al titolo dell'articolo, la priorità resta comunque la programmazione a lungo termine, quindi immaginarli entrambi con le stesse prospettive di miglioramenti negli anni?

Oppure una programmazione a breve termine NON da benefici ulteriori. Ovvero dare quel 102% ad allenamento con obiettivo top-18 anni, aumentando i rischi, in realtà non da vantaggi rispetto ad una programmazione 100% con obiettivo lungo termine?
Gym: squat 110k / panca 70k / stacco 145k
Run: 10k 37':40" / 3k 10':22" / 1,5k 4':44" / 0,8k 2':16" / 0,4k 1':00"
Watt: 20' 318 / 10' 344 / 5' 381 / 1' 549 / max 1052
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Re: Il falso mito del vantaggio della programmazione a lungo termine

Messaggio da Sailar »

lucaliffo ha scritto: mar 12 mag 2020, 11:38 secondo me siete andati OT perché non mi pare che l´articolo analizzasse i super "craque" (come dicono in brasile).
il 99% degli sport é fatto da gente da bravina a molto brava per la quale la sicurezza economica, oltre a essere necessaria come per tutti, aiuta a migliorare le prestazioni e, chissá, una certa percentuale diventare un craque.
non é vero che tutti i craque lo sono fin da regazzini. mennea e antibo non lo erano, manco cova.
osservate le liste dei primi 20 alltime mondiali sui 400 allievi e assoluti, combaciano quasi zero.
In realtà Antibo e Cova da junior avevano corso rispettivamente in 13'48" e 14'05" i 5000. Prestazioni che senz'altro ti fanno fare il salto nel professionismo

Sul discorso che i migliori alltime delle categorie inferiori non vadano a trovare la stessa corrispondeza da assoluti sono d'accordo.
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Re: Il falso mito del vantaggio della programmazione a lungo termine

Messaggio da Sailar »

Zedemel ha scritto: mar 12 mag 2020, 12:17 sembra appunto che qua il raggiungimento dello stipendio sia un motivo per sedersi, invece che un ulteriore stimolo.
La dinamica a mio avviso non è proprio questa.
All'inizio avviene esattamente l'opposto. In troppi si lasciano trascinare dall'entusiasmo e dalla voglia di fare un ulteriore salto di qualità, facendo leva sulle nuove opportunità che da il professionismo. I carichi aumentano e non c'è più il 'freno limitatore' della scuola che indirittamente dava la possibilità di recuperare di più non permettendo di doppiare.
Solo che l'adattamento ai grandi volumi/intensità è un processo lungo e in generale non è per tutti. Ci sono particolari organismi, che sono magari super performanti ma non hanno la capacità di passare indenni senza frequenti infortuni cicli da 150Km a settimana.
Quando si vede un professionista stallare o regredire, nella maggioranza dei casi, non è perché ha perso la voglia di allenarsi e si è seduto, ma perché ha subìto infortuni. E se sono gravi risalire la china diventa parecchio difficile.

Il 'sedersi' lo vedo invece negli stessi professionisti più avanti, quando hanno alle spalle già vari anni di carriera e allo stesso tempo non sono diventati atleti di peso internazionale. A quel punto credo cali un po' la passione e la fame per il risultato, mentre prende il sopravvento la voglia di non farsi male e prendere eccessivi rischi. Perché un infortunio grave in quel frangente di carriera significa game over
Qui subentra la grande falla che c'è a mio avviso nei gruppi militari. Se uno, come descritto sopra, riesce a gestirsi senza andare KO può tirare a campare fino a 35-38 anni facendo il professionisa con tempi poco migliori di una donna (o anche peggio se prendiamo mezza e maratona).
A mio avviso andrebbe posta una barriera ai 30 anni. Se uno ha dimostrato di poter essere competitivo anche fuori confine può continuare per gli ultimi 5-10 anni di carriera. Gli altri vanno congedati.
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Re: Il falso mito del vantaggio della programmazione a lungo termine

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Sailar ha scritto: mar 12 mag 2020, 19:04
lucaliffo ha scritto: mar 12 mag 2020, 11:38 secondo me siete andati OT perché non mi pare che l´articolo analizzasse i super "craque" (come dicono in brasile).
il 99% degli sport é fatto da gente da bravina a molto brava per la quale la sicurezza economica, oltre a essere necessaria come per tutti, aiuta a migliorare le prestazioni e, chissá, una certa percentuale diventare un craque.
non é vero che tutti i craque lo sono fin da regazzini. mennea e antibo non lo erano, manco cova.
osservate le liste dei primi 20 alltime mondiali sui 400 allievi e assoluti, combaciano quasi zero.
In realtà Antibo e Cova da junior avevano corso rispettivamente in 13'48" e 14'05" i 5000. Prestazioni che senz'altro ti fanno fare il salto nel professionismo

Sul discorso che i migliori alltime delle categorie inferiori non vadano a trovare la stessa corrispondeza da assoluti sono d'accordo.
"regazzini" intendo cadetti-allievi.
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Re: Il falso mito del vantaggio della programmazione a lungo termine

Messaggio da lucaliffo »

Sailar ha scritto: mar 12 mag 2020, 19:29
Zedemel ha scritto: mar 12 mag 2020, 12:17 sembra appunto che qua il raggiungimento dello stipendio sia un motivo per sedersi, invece che un ulteriore stimolo.
La dinamica a mio avviso non è proprio questa.
All'inizio avviene esattamente l'opposto. In troppi si lasciano trascinare dall'entusiasmo e dalla voglia di fare un ulteriore salto di qualità, facendo leva sulle nuove opportunità che da il professionismo. I carichi aumentano e non c'è più il 'freno limitatore' della scuola che indirittamente dava la possibilità di recuperare di più non permettendo di doppiare.
Solo che l'adattamento ai grandi volumi/intensità è un processo lungo e in generale non è per tutti. Ci sono particolari organismi, che sono magari super performanti ma non hanno la capacità di passare indenni senza frequenti infortuni cicli da 150Km a settimana.
Quando si vede un professionista stallare o regredire, nella maggioranza dei casi, non è perché ha perso la voglia di allenarsi e si è seduto, ma perché ha subìto infortuni. E se sono gravi risalire la china diventa parecchio difficile.

Il 'sedersi' lo vedo invece negli stessi professionisti più avanti, quando hanno alle spalle già vari anni di carriera e allo stesso tempo non sono diventati atleti di peso internazionale. A quel punto credo cali un po' la passione e la fame per il risultato, mentre prende il sopravvento la voglia di non farsi male e prendere eccessivi rischi. Perché un infortunio grave in quel frangente di carriera significa game over
Qui subentra la grande falla che c'è a mio avviso nei gruppi militari. Se uno, come descritto sopra, riesce a gestirsi senza andare KO può tirare a campare fino a 35-38 anni facendo il professionisa con tempi poco migliori di una donna (o anche peggio se prendiamo mezza e maratona).
A mio avviso andrebbe posta una barriera ai 30 anni. Se uno ha dimostrato di poter essere competitivo anche fuori confine può continuare per gli ultimi 5-10 anni di carriera. Gli altri vanno congedati.
1) sappiamo che dai 5000 in su da adulti sono necessari 150-200km a settimana
2) come ogni cosa, si deve programmare l´aumento di volumi a poco a poco fin da regazzini per permettere l´adattamento senza grossi problemi
3) se a 17 anni vuoi diventare un grande 10000ista ma ancora stai a 50km a settimana é ovvio che qualche anno dopo l´aumento di volumi deve avvenire troppo alla svelta e insorgono i problemi.
quindi se a 22 anni devi stare minimo a 150 e a ritroso diminuiamo 10 l´anno, a 17 devi stare a 100 (e non a 50), sono meno di 7h di corsa a settimana eh... ""ah ma non abbiamo tempooo! la skuolaaahhh!"... eh peró il tempo per stare 2h ogni pomeriggio al campo a fare zompetti ce l´hai :testata:
100km non li reggono, invece 200 balzi a settimana sí?

per il mezzofondo veloce il prroblema é un altro: fanno tutti i giorni ripetute a palla e l´unico giorno di "riposo" fanno un medio che in realtá é piú una soglia ma che chiamano lento.

tranne eccezioni gli schemi sono questi.
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Re: Il falso mito del vantaggio della programmazione a lungo termine

Messaggio da chippz »

@lucaliffo e se invece il "non avere tempo" non è solamente riferito agli extra (scuola, studi, giocare alla play, uscire con gli amici, ecc) MA al tempo biologico? Cioè, se a 18 anni non sei qualcuno di rilievo hai pochissimissime probabilità di entrare in qualche gruppo militare, alias niente stipendio.
E allora non può emergere un ragionamento del tipo che se uno di 16/17 anni ha tempo solo qualche anno prima di arrivare ai 18 dunque non può allenarsi con una programmazione a lungo termine ma bisogna tentare il tutto subito ma essendo ancora ragazzo non può reggere 150 km a settimana, allora tanto vale triplicargli l'intensità che a livello psicologico è molto più sostenibile (per qualsiasi ragazzo è più sostenibile dire fate 5x1000 alla morte poi avete finito, piuttosto che fate 15 km impiegando il più tempo possibile).

Cioè, sacrificare l'atleta del domani in favore della fiammata oggi.
Se così fosse allora sarebbe un problema di mentalità. Cioè, chiunque in Italia ti risponderebbe che preferirebbe farsi il mazzo 102% per un paio di anni con la speranza del gruppo militare al posto che farsi il mazzo 100% per molti anni verso un futuro ignoto.
Gym: squat 110k / panca 70k / stacco 145k
Run: 10k 37':40" / 3k 10':22" / 1,5k 4':44" / 0,8k 2':16" / 0,4k 1':00"
Watt: 20' 318 / 10' 344 / 5' 381 / 1' 549 / max 1052
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Re: Il falso mito del vantaggio della programmazione a lungo termine

Messaggio da Zedemel »

Domanda, è proprio una questione di km, o magari gli si potrebbe rallentare molto i lenti per preservarli di più? insomma a parte i lavori, per il resto considerare le ore invece che i km.
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salvassa
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Re: Il falso mito del vantaggio della programmazione a lungo termine

Messaggio da salvassa »

Come dice sempre il buon Luc, le gare sono a distanza fissa non a tempo fisso... ;-)
PB: 5k 19'07 (passaggio test in pista 29/1/2022) 10k 38'34" (test in pista 29/1/2022) 21k 1h23'23" (Roma Ostia 06/03/2022) 42k 2h58.47 (Milano 2022)
Squat 145 Panca 100 Stacco 185
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Re: Il falso mito del vantaggio della programmazione a lungo termine

Messaggio da Zedemel »

salvassa ha scritto: mer 13 mag 2020, 10:01 Come dice sempre il buon Luc, le gare sono a distanza fissa non a tempo fisso... ;-)
lo so, ma il fisico si stanca a intensità per tempo :)
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Re: Il falso mito del vantaggio della programmazione a lungo termine

Messaggio da disti »

Secondo me il 99% dei ragazzi a 18 anni può reggere 150km a settimana se fatti con criterio, cioè passeggiando per almeno il 70% del volume totale. Nel nuoto e nel canottaggio si sfondano con bigiornalieri già a 14 anni, non vedo perché non si possa fare con la corsa
Ultima modifica di disti il mer 13 mag 2020, 10:32, modificato 1 volta in totale.
1km: 3'12" - 23/07/2019
1.5km: 4'59" - 02/10/2020
3km: 10'35" - 01/08/2020
5km: 18'28" - 28/08/2020
10km strada: 37'32" - 16/02/2020
HM: 1h22m51s - 03/11/2019
M: 2h55m09s - 20/10/2019
https://www.strava.com/athletes/dario84