Psicologia

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lucaliffo
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Re: Psicologia

Messaggio da lucaliffo »

GioPod ha scritto: lun 27 apr 2020, 8:23
GioPod ha scritto:
lucaliffo ha scritto:giopod,
al pari del freudiano "edipo" (che ne é l´emblema), la contestazione familiare esiste solo nella societá occidentale. freud sbagliava a generalizzare.
in culture in cui l´educazione é poco repressiva non esiste questa necessitá di tagliare, ribellarsi, per poter realizzare il proprio io.
infatti nelle culture indigene NON ESISTE ribellione, non esiste manco varianza di comportamenti. sono tutti uguali, schematici, "noiosi".
e anche qui in brasile (che é mezzo indigeno) non c´é quella divisione e conflitto fra giovani e vecchi... o sta nascendo solo ora nella misura in cui si occidentalizza e l´educazione diventa piú anti-istintiva, tutta volta allo studio e alla produzione.
Si vabbè ma i nostri qua devono vivere, non in una comunità indigena.
A generalizzare si sbaglia sempre, non solo freud
Quello che volevo dire è: la trasgressione tipica dell'età giovanile delle precedenti generazioni, era un passo necessario per la crescita o solo rivolta verso un'educazione repressiva?
La trasgressione usata per affermare la propria differenza, il proprio essere unico, non ha più senso o non serve più?
L'assenza della trasgressione significa appiattimento, conformismo, risultato del politically correct che ci vuole tendenti verso il pensiero unico "giusto", senza autonomia di pensiero e di azione?
per me:
- la trasgressione, in generale (per la specie homo sapiens), non é un naturale e obbligato passaggio della formazione della personalitá
- quindi, se si verifica, é una rivolta, si deve stare male
- ma non é vero il contrario, cioé non é detto che un´assenza di trasgressione significhi che si sta bene.

p.s. un pensiero unico "giusto" che vorrebbe togliere autonomia c´é sempre stato, oggi é in un senso, 60 anni fa era in un altro senso (la mitica societá cristo-fascistoide)
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Re: Psicologia

Messaggio da L'Appiedato »

Spunto interessante sulla psicologia keniota.
Sto leggendo il libro di Finn “l’ascesa degli ultrarunner”.
Ad un certo punto man mano che si inoltra nel mondo dell’ultrarunning, memore della sua precedente esperienza in kenya e un po’ interdetto dal fatto che gli atleti top fossero tutti bianchi si pone una facile domanda: e gli africani dove sono?
Allora inizia a sondare, chiaramente è anche un problema economico di ingaggi, sponsor, manager ecc ecc.
Cmq alla fine riesce a trovare un atleta Kenyano interessato a provare a fare un’ultra, un atleta non di primo pelo, di 43 anni ma ancora professionista e con un personale di 2:08 in maratona.
Organizza una raccolta fondi e con solo 4 settimane di preavviso lo iscrive ad una ultratrail di 80km in Inghilterra (non particolarmente blasonata e con un livello basso)
La tattica di gara è partire piano, seguire i migliori in modo da prendere confidenza con il percorso e con la specialità e il kenyano si attiene al piano.
Durante i primi km corre con grandissima facilità e controllo poi attorno al cinquantesimo km è al comando con ancora grande freschezza ma che fa? Si ferma. Dice che gli fa male un alluce. Non vuole sentire ragioni. Gli propongono di indossare una scarpa identica ma mezzo numero in più. Niente da fare, continua a ripetere che gli fa male l’alluce (che non presenta gravi segni di trauma) e deve rispettare il suo corpo. Gli dicono che le ultra sono fatte così, che durante le ultra si hanno i miraggi, che un dito dolorante è nulla: Niente da fare, gli fa male.
E allora finisce così mentre lui se ne sta seduto al punto di ristoro a mangiarsi la banana tra l’incazzatura di chi aveva speso tempo e soldi per organizzare la sua trasferta e mentre pian piano sopraggiungono gli altri già stremati, doloranti, sciancati ma che dopo una breve sosta ripartono con la loro corsa strascicata (nel migliore dei casi)
Il kenyano apparentemente ci ha fatto la figura della donnetta ma la realtà è forse più complessa. Forse chi è abituato a nascere e vivere nella difficoltà non ama andarsela a cercare, forse siamo noi occidentali che vivendo nella bambagia abbiamo bisogno di farci male per sentirci vivi e veri. E poi ovviamente c’è il fatto che lui con il suo corpo ci campa per cui distruggerselo per una gara di merda non vale la pena.
Le riflessioni possibili sono comunque tante…
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Re: Psicologia

Messaggio da Zedemel »

L'Appiedato ha scritto: mer 29 lug 2020, 12:50
Le riflessioni possibili sono comunque tante…
lo vedi anche dai racconti di Dimitry….. poi trovi quello più sveglio e intelligente come Kipchoge. Il fisico è condizione necessaria ma non sufficiente.
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Re: Psicologia

Messaggio da lucaliffo »

lo noto anche coi brasiliani, sono molto "comodi", bassa soglia di sopportazione di dolore e scomoditá.
sí, forse perché vengono da una recente situazione di troppo dolore e scomoditá e quindi non ne vogliono sapere, a meno di non essere costretti (CAUSA-EFFETTO, DETERMINISMO, MATERIALISMO STORICO, ILLUSIONE DELLA LIBERTÁ DI SCELTA ;) ).
per dire... i brasiliani le montagne non le salgono, le SCENDONO :lol:
vanno in cima con mezzi comodi e poi scendono in rappel. cosí non sudano. e quando vanno su montagne vere crepano come le mosche. madonna quanto li odio :D

ma sono cose tipiche di popoli "arcaici-spontanei", per abituarsi ad accettare il sacrificio dell´uovo oggi in vista della gallina domani ci vogliono millenni di sganassoni e distruzione dell´istinto.
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Re: Psicologia

Messaggio da lucaliffo »

lucaliffo ha scritto: mer 29 lug 2020, 14:27 lo noto anche coi brasiliani, sono molto "comodi", bassa soglia di sopportazione di dolore e scomoditá.
sí, forse perché vengono da una recente situazione di troppo dolore e scomoditá e quindi non ne vogliono sapere, a meno di non essere costretti (CAUSA-EFFETTO, DETERMINISMO, MATERIALISMO STORICO, ILLUSIONE DELLA LIBERTÁ DI SCELTA ;) ).
per dire... i brasiliani le montagne non le salgono, le SCENDONO :lol:
vanno in cima con mezzi comodi e poi scendono in rappel. cosí non sudano. e quando vanno su montagne vere crepano come le mosche. madonna quanto li odio :D

ma sono cose tipiche di popoli "arcaici-spontanei", per abituarsi ad accettare il sacrificio dell´uovo oggi in vista della gallina domani ci vogliono millenni di sganassoni e distruzione dell´istinto.
lo dico in modo scientifico asettico eh... non li condannerei ma neanche li esalterei
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Re: Psicologia

Messaggio da Zedemel »

Ma pensare che ci siano persone più o meno pirla, non è più semplice? Si fa qualcosa in cambio di un "premio" reale o emozionale. Si sgobbava per cercare di cacciarsi il cervo da mangiare.
Se il tipo per un doloretto all'alluce ha perso che ne so 10mila dollari di premio, è semplicemente un pirla.
Kipchoge ama anche correre, però si sarà fatto 200.000km più o meno in carriera per sfamare sé stesso e le sue prossime quattro generazioni.
Komen fece un paio di anni a bomba per risolvere il suo problema economico e diventare in Kenya un benestante, ma aveva il talento per essere anche più di Kipchoge ma soffriva più di Kipchoge a correre.
Io corro a più di 40 anni, consumando delle scarpe, e se qualcuno mi avesse detto un po' di anni fa che oggi avrei corso quasi tutti i giorni, lo avrei preso per pazzo.
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Re: Psicologia

Messaggio da L'Appiedato »

però aspetta...
ovviamente da quell'episodio non puoi sapere se quel modo di pensare è esclusivo di quel soggetto o generalizzato in tutti i runners Keniani. Magari hanno semplicemente puntato sul "cavallo sbagliato".
Eppure penso che uno per fare 2:08 in maratona qualche disagio in allenamento o in gara l'abbia pure sopportato.
Quindi posto che non sia un caso episodico ma un atteggiamento tipico i casi sono due:
-o davvero a questi qui viene tutto facile
-oppure hanno effettivamente un diverso concetto su ciò che è la sofferenza e su quando è necessario affrontarla
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Re: Psicologia

Messaggio da Zedemel »

L'Appiedato ha scritto: mer 29 lug 2020, 15:43 però aspetta...
ovviamente da quell'episodio non puoi sapere se quel modo di pensare è esclusivo di quel soggetto o generalizzato in tutti i runners Keniani. Magari hanno semplicemente puntato sul "cavallo sbagliato".
Eppure penso che uno per fare 2:08 in maratona qualche disagio in allenamento o in gara l'abbia pure sopportato.
Quindi posto che non sia un caso episodico ma un atteggiamento tipico i casi sono due:
-o davvero a questi qui viene tutto facile
-oppure hanno effettivamente un diverso concetto su ciò che è la sofferenza e su quando è necessario affrontarla
se è un individuo razionale, e se guadagna di più a correre 2h08' in maratona, può avere pensato di non volersi rompere un alluce per un esperimento pagato peggio.
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Re: Psicologia

Messaggio da Zedemel »

poi c'è chi ha sia il pane sia i denti
https://www.repubblica.it/sport/calcio/ ... P4-S2.4-T1
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Re: Psicologia

Messaggio da lucaliffo »

L'Appiedato ha scritto: mer 29 lug 2020, 15:43 però aspetta...
ovviamente da quell'episodio non puoi sapere se quel modo di pensare è esclusivo di quel soggetto o generalizzato in tutti i runners Keniani. Magari hanno semplicemente puntato sul "cavallo sbagliato".
Eppure penso che uno per fare 2:08 in maratona qualche disagio in allenamento o in gara l'abbia pure sopportato.
Quindi posto che non sia un caso episodico ma un atteggiamento tipico i casi sono due:
-o davvero a questi qui viene tutto facile
-oppure hanno effettivamente un diverso concetto su ciò che è la sofferenza e su quando è necessario affrontarla
é ovviamente una questione statistica: IN MEDIA i keniani sono cosí (istintivi/pirla/uovo oggi) UN TOT piú di noi.
io ho il famoso "librone" online di canova tratto dai suoi scritti su letsrun e lo spiega benissimo in contrapposizione agli etiopi: gli etiopi sono come noi, piú disciplinati, meno "pirla".
perché? perché, a differenza dei keniani, vivono in una CULTURA CIVILIZZATA MILLENARIA! lí giá 3000 anni fa c´era una sofisticata civiltá organizzata mentre in kenia si viveva sugli alberi fino a pochi decenni fa.
dove "civilizzata" significa inquadrare la gente a sganassoni a reprimere l´istinto in vista di X obiettivi.

ecco che le distinzioni individuali alla zedemel perdono senso. il 90% di ció che siamo dipende dalla CULTURA, il passato determina il presente.
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