Suscettibile, spigoloso eppur benevolente
lucaliffo (anche te ci spiegherai il nomignolo),
per una volta devo darti (volentieri) ragione:
la denatalità, più che per ragioni economiche, dipende dalla disposizione culturale delle attuali giovani coppie.
Noi due, mia moglie ed io, siamo parte di una “covata” di quattordici figli. Tutti nati negli anni 50-60 da famiglie povere (contadini e operai); tutti avviati precocissimi al lavoro (io ho cominciato a 14 anni, mio fratello maggiore a 12, alcuni miei cognati già a dieci anni); molti con istruzione solo elementare, alcuni con scuola media inferiore, quasi tutti, in seguito, diplomati nelle scuole serali.
Nei trentanove anni del nostro matrimonio al ristorante saremo andati 4-5 volte (compreso l'irrinunciabile banchetto di nozze); finché avevamo i figli ancora bambini saltuariamente andavamo in villeggiatura, ora sono ormai quindici anni che non vediamo più il mare; abbiamo finora posseduto tre automobili, tutte piccole utilitarie (ora abbiamo una “Pandina” del 1999) comprate già usate; negli anni abbiamo passato periodi di disoccupazione e, ancora adesso (io sono un libero professionista e mia moglie fa la “collaboratrice domestica” [cioè la serva] ) abbiamo non pochi problemi economici.
Malgrado tutto siamo riusciti a crescere e far studiare fino all'università due figli; noi stessi ci siamo diplomati e quasi laureati; abbiamo comprato una casa; tuttora diamo un sostegno non marginale, economico e pratico, ai nostri figli e nipoti.
Non abbiamo avuto una vita facile ma non ci lamentiamo troppo, anzi. Abituati come siamo a “vivere con poco” patiamo meno di altri le attuali difficoltà e con minore angoscia attendiamo i tempi grami che si prospettano. Siamo convinti che: quelli che più si accontentano, chi ha e sente meno il bisogno delle cose materiali, coloro che non invidiano i “benestanti”, sono più liberi e in fondo… più felici.
Il tempo di far figli per noi è passato ma, mia moglie ed io, diciamo sempre che se potessimo tornare indietro, invece dei due che abbiamo avuto, ne faremmo tre, forse anche quattro. Siamo sicuri che con un paio di figli in più non avremmo fatto una vita più sacrificata di quel che è stato, anzi: ci diciamo, col senno di poi, che nella vita quel che deve capitare capita comunque e che, nel bene e nel male, qualsiasi cosa succeda, le vicissitudini si affrontano meglio avendo il conforto di più figli.
Immaginano, quelli che per difficoltà o paura non fanno figli o ne fanno solo uno, come saremo messi tra dieci, venti, trent'anni? Ogni giovane avrà sulle spalle quattro genitori e forse anche qualche nonno. Chi pagherà le pensioni e l'assistenza sanitaria? Chi cuocerà il pane che mangiamo? Chi risistemerà la casa? Chi ci aiuterà nelle cento cose che non saremo più in grado di fare? Chi consolerà la nostra solitudine?
Altroché temere il collasso per colpa dell'Europa o dell'immigrazione!
Io vedo in giro troppa paura, molto vittimismo e... tanto rancore. Ovunque sento e leggo astiose geremiadi sulla gravità della situazione; sulle colpe delle dominati oligarchie economico-finaziarie; sull'infamia dei politici; contro l'euro, l'Europa e la Germania; addosso agli immigrati che ci stanno invadendo. È colpa della Merkel, di Trump, di Putin, di Le Pen, di Renzi, di Berlusconi, di Grillo…
Tutta colpa di quelli! No! È colpa di questi... colpa degli altri… gli altri… gli altri… gli altri.
Io sono convinto che la storia la fanno i popoli; che siano le persone, nel loro agire collettivo e nell'individuale pensare a determinare il corso della storia, i modelli sociali e culturali; penso che, come ci canta De Gregori:
… La storia siamo noi, attenzione, nessuno si senta escluso…
… E poi ti dicono: “Tutti sono uguali,
Tutti rubano alla stessa maniera”
Ma è solo un modo per convincerti
A restare chiuso dentro casa quando viene la sera…
… Siamo noi che scriviamo le lettere
Siamo noi che abbiamo tutto da vincere e tutto da perdere…
Insomma: chi dovrebbe por rimedio a questo declino, questa decadenza, questa rovina? E, posto che riuscissimo a disfarci di tutta la brutta gente a cui diamo le colpe, chi gestirà la
polis?
Il buon
spiritolibero scriveva:
La Le Pen ha buon gioco perché la sinistra, che avrebbe dovuto con forza affrontare quelle questioni, è del tutto evaporata.
Ma i problemi restano, non è che se uno fa finta di non vederli essi scompaiono.
Lei come Grillo parlano un linguaggio comprensibile a tutti.
A.a.a. cercasi sinistra disperatamente
Io non ho più certezze, non ho la soluzione per i problemi del nostro tempo e nemmeno mi sembrano sicure quelle proposte dagli “arruffapopolo” di turno. Credo piuttosto che ognuno debba, nel suo piccolo dare dei buoni esempi e partecipare alla vita democratica della propria comunità: nel lavoro, nel condominio, nel circolo, nella società sportiva, nel quartiere, nel proprio Comune, etc. .
Racconto una storia sentita da mio nonno (vecchio anarchico-socialista). Nella seconda metà dell'800, qui dalle mie parti (Alta Brianza) erano tutti contadini mezzadri: ⅔ del raccolto al padrone e ⅓ al contadino e, in più l'affitto da pagare per la cascina che abitavano. In esclusiva proprietà il contadino aveva solo qualche pollo e la vacca. Polenta e latte era l'alimento base: se la mucca si ammalava o moriva era pellagra. Dunque la peggior disgrazia che poteva capitare era perdere la vacca: il che non era tanto raro.
Quei poveri contadini decisero quindi di fondare la “Società della Vacca”. Si trattava di una società di mutuo soccorso in cui ogni famiglia versava un sacco di grano che andava a formare un piccolo capitale che, in caso di bisogno, serviva all'acquisto di una nuova mucca. Questo succedeva quando non c'erano ancora i partiti operai-contadini e nemmeno i sindacati.
Loro non avevano cercato o atteso “la sinistra”: essi stessi l'avevano promossa.
P.S. Sull'argomento "crisi demografica" propongo l'ascolto di questa vecchia e bellissima canzone di Rino gaetano:
“MIO FRATELLO È FIGLIO UNICO”
https://www.youtube.com/watch?v=ZgaGPuLDBG4
P.P.S. Quando corro nel primissimo mattino incorcio gruppi di giovani "extra-europei" che si avviano, a piedi o in bici, verso le fabbriche per il turno delle sei. Immagino quanti monti, deserti e mari hanno dovuto attraversare per arrivare fin qui per fare lavori che spesso (ma non sempre) i nostri figli non vogliono più fare. Eppure li vedo vivaci e allegri che, senza l'
iphone tra le mani, parlottano e scherzano tra di loro. Per reminiscenza mi rivedo quando anch'io, poco più di un bambino con già la sigaretta in bocca, insieme ad altri "terroni", raggiungevamo l'officina.